La Prima Pietra

ETICA E RISCHI EPOCALI

Indipendentemente dal fatto che si possa verificare o meno un conflitto tra potenze nucleari, il semplice fatto che se ne parli con maggiore frequenza rispetto a qualche anno fa,  è sufficiente a determinare un generalizzato stato d’animo misto di angoscia e  timore. Sono circa 60 anni che conviviamo con arsenali in grado di estinguere l’umanità in pochi mesi, ma nonostante ciò, nonostante i diversi trattati di disarmo, non siamo riusciti a debellare il rischio di una guerra nucleare che, ciclicamente, si ripresenta alle porte. Infatti, se da una parte la deterrenza nucleare è in grado di creare un equilibrio, e quindi un periodo di pace relativa, è altrettanto vero che quest’equilibrio può infrangersi, poiché dipendente dal grado di razionalità dei contendenti. Per questo motivo, il rischio che tecnologie potenzialmente pericolose possano finire in mani sbagliate, deve porre seri  interrogativi sull’opportunità  del loro sviluppo.

A tal proposito, non dimentichiamo che, durante la seconda guerra mondiale,  autorevoli scienziati e scienziate, consapevoli della pericolosità della scissione atomica, si rifiutarono di partecipare al programma americano di sviluppo della bomba nucleare (il Progetto Manhattan). Certo, quest’ invenzione è avvenuta in un clima bellico, ma l’episodio citato, dimostra come ogni scoperta in ambito scientifico debba comunque essere valutata anche in termini di “impatto etico”, evitando di  demandare quest’istanza esclusivamente alla coscienza dei singoli e sviluppando ed applicando una legislazione adeguata e completa…almeno in tempi di pace!

Purtroppo così non è stato; nonostante abbondino i comitati etico-scientifici, si tende a separare la scienza da qualsiasi considerazione di carattere morale, in nome di una presupposta superiorità ed autonomia della stessa. A ben vedere, però,  la scienza e la tecnologia sono divenute in buona parte strumentali a necessità di carattere puramente economiche ed industriali, per cui resterebbe da chiedersi se detta autonomia sia reale o presunta. Sviluppare senso critico in questa direzione, non significa poi cadere in ideologie antiscientifiche o millenariste, poiché, la questione è in realtà più ampia di quanto comunemente si creda e, in definitiva, è in gioco la stessa sopravvivenza dell’ essere umano.

In un classico della futurologia degli anni 70, “Il Medioevo prossimo venturo”, il matematico Roberto Vacca, aveva immaginato il  ritorno al medioevo di tutta l’umanità a seguito della decadenza dei sistemi complessi propri della civiltà moderna. Facciamo un esempio: rispetto alle ere precedenti quella attuale si caratterizza per un impiego onnipresente dell’energia elettrica, per cui in sua assenza, ci troveremo di colpo, proiettati   in un passato lontano alcuni secoli ed assolutamente impreparati. Sebbene sia molto improbabile su scala globale, un black-out  in grado di lasciare al buio intere nazioni, può essere causato, ad esempio, da una tempesta solare.

Il rischio che la dimensione scientifica e tecnologica si stia scindendo da quella etica è diventato troppo reale per poter essere ignorato: ci potremmo trovare, nella peggiore delle ipotesi, di fronte ad un panorama in cui elaborazioni sofisticate e molto ben congegnate siano usate indiscriminatamente. L’ultima sfida è data  dall’utilizzo che faremo dell’ intelligenza artificiale, anche se in quest’ambito sembrerebbe che ci siano ancora margini per evitare il peggio. D’altro canto, sarebbe veramente paradossale assistere alla subordinazione, anche parziale, dell’uomo ad una tecnologia  sviluppata fino ai limiti  di una qualche forma di pseudocoscienza artificiale, se pensiamo che le  invenzioni e le scoperte scientifiche dovrebbero essere invece al servizio dell’uomo.

Nei rapporti tra etica e scienza, bisogna  che si inizi quindi  a pensare in termini di maggiore correlazione: queste due sfere, che si sono sempre di più allontanate, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti, è necessario che tornino a comunicare nuovamente. È in questo modo che si possono porre delle nuove basi per il futuro: anche se non sappiamo se sarà migliore o peggiore del presente, sappiamo però che il futuro resta sempre una dimensione verso cui siamo obbligati a lavorare con grande responsabilità ed impegno.

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