Una recensione … di  un libro di 70 anni fa!

Ottobre-Novembre 1941. Dopo poche settimane di cornbattimento, i nazisti possono annunciare le prime importanti vittorie sul fronte di Mosca. Il 28 novembre, a nord-est della capitale sovietica, vengono conquistate Volokolamsk e Klin. Volokolamsk è sulla strada Leningrado-Kalinin-Mosca e la sua occupazione mette in crisi l’intero sistema di comunicazioni fra il fronte nord orientale e quello centrale. Klin, invece, apre la strada alla centrale elettrica di Mosca, ghiotta preda cui tendono con tutte le loro forze i tedeschi.  Alexandr Bek, scrittore, giornalista, corrispondente di guerra, al seguito dell’Esercito Rosso negli anni 43-44, riuscì a convincere il colonnello Baurgian Momysc-Uly (all’epoca dei fatti narrati, tenente, comandante di un battaglione di fanteria), kazako, a raccontar alcuni episodi dell’anno 1941, quando la divisione del leggendario generale Panfilov, di cui il battaglione di Momysc-Uly faceva parte, difendeva Mosca dalle armate hitleriane che erano arrivate a pochi km dalla capitale.

Il libro racconta della formazione del battaglione, della preparazone degli uomini, del rigore e della generosità e della rigidità e della dolcezza e della bontà e del coraggio e della paura di Baurgian Momysc-Uly (che in lingua kazaka significa “Baurgian, figlio di Momysc”), tenente di artiglieria che sceglie di comandare un battaglione di fanteria, del coraggio, della durezza, della paura, della gioia, delle sconfitte e delle vittorie dei 700 uomini del battaglione, dai giovani sottotenenti, agli esperti sergenti, ai timidi soldati o ai temprati politruk (una sorta di commissari del partito, che rivestivano la doppia veste di combattenti e di … agit-prop comunisti). E della drammatica fucilazione per tradimento di un sergente che, per essere esonerato, si spara di proposito ad una mano; e degli audaci attacchi ai nazisti che, sicuri di sé, avanzavano sulla strada senza avanguardia, senza pattuglie di esploratori, e subiscono pesanti ed improvvise perdite; e della loro reazione, il giorno dopo, quando, senza piu’ l’arma della sorpresa, lo sparuto gruppo di 700 uomini, che deve difendere una linea lunga parecchi km, subisce il preponderante numero di uomini e mezzi dei nazisti; e delle cavalcate nei boschi sulla bella cavalla Lissanka, che Panfilov aveva regalato al tenente Momysc-Uly; e di come Sincenko, attendente del comandante, corresse portando il samovar pieno di thè, e rispondesse, sicuro, alle raccomandazioni di stare attento: corro col cervello, compagno comandante!

E, infine, di come, non avendo avuto nessun ordine, mentre gli altri reparti intorno a lui venivano spazzati via o ripiegavano, il comandante di battaglione si rifiuta di muoversi dalle sue posizioni, come gli suggerisce il suo “stato maggiore”, e si arrovella: sicuramente, pur con le comunicazioni interrotte, il comando di divisione sa che può contare su di noi, sa che non ci muoveremo da qui, e che combatteremo per fermare i nazisti. E se, invece, il comando di divisione facesse affidamento sul fatto che, poiché restare sarebbe condannare il battaglione all’annientamento, il comandante ovviamente avrebbe portato in salvo i suoi uomini per schierarli, di nuovo, l’indomani, davanti al nemico?

Il finale del libro, che comunque avviene nel bel mezzo della guerra, guerra di cui al momento della scrittura ovviamente ancora non si conosce l’esito, non è qui riportato. Magari qualcuno vorrà scoprirlo da sé. Insomma, un romanzo-verità appassionante, patriottico, un po’ retorico, mai stancante ….  Quella della difesa di Mosca, forse è la prima battaglia dell’Esercito Rosso in cui ai soldati non era ordinato di morire sul posto, ma di rimanere vivi e ritirarsi in ordine per poter combattere ancora il giorno dopo.  A proposito, la strada di Volokolamsk del titolo, è la “rotabile” che da Mosca va appunto alla cittadina di Volokolamsk, circa 120 km a nordovest .
Baurgian Momysc-Uly fu insignito del titolo di eroe dell’Unione Sovietica e del titolo di eroe del Popolo Kazako.  Baurgian MomishUly ai nostri giorni è anche una cittadina di circa 10-15 mila abitanti del Kazakistan, ad ovest di Alma Ata, nei pressi del confine del Kazakistan con Uzbekistan e Tagikistan, chiamata così in onore di quel giovane tenente di artiglieria kazako che aveva scelto di comandare un battaglione di fanteria.