La data dell’8 febbraio del 2022 si può considerare davvero storica per l’Italia, senza il timore di usare parole inadeguate.

Con l’approvazione definitiva da parte del Parlamento della Proposta di legge costituzionale la tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e anche degli animali entrano di diritto nella nostra Carta Costituzionale, la madre di tutte le leggi.
Sono stati infatti modificati gli articoli 9 e 41, con l’inserimento delle tematiche ambientali tra i principi fondamentali della Repubblica.

Per decenni l’articolo 9, uno degli articoli fondamentali della Costituzione, è stato l’unico forte riferimento normativo a cui si sono potuti rifare gli ambientalisti nelle loro battaglie. In esso era già prevista la tutela del patrimonio paesaggistico e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Ma il concetto di ambiente, così come finalmente oggi è inteso in ambito scientifico e istituzionale, e si fa sempre più strada anche nella coscienza dei cittadini, era certo un tema lontano, oggettivamente per i tempi, dalla sensibilità dei padri costituenti, cui va riconosciuto peraltro il merito di aver considerato il paesaggio come un nostro valore prezioso.

Proprio la tutela del paesaggio ha in realtà ispirato la nascita dei primi parchi nazionali. Nel 1920 Benedetto Croce presentò un disegno di legge per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico, e, giusto un secolo fa, nel 1922, fu istituito il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il primo in Italia, allo scopo di conservarne fauna e flora, e la bellezza del paesaggio.

Da allora quante battaglie sono state combattute in nome della tutela del paesaggio, concetto giuridico grazie al quale, con un’accezione larga, per anni le associazioni ambientaliste hanno cercato di far valere tutte le ragioni dell’ambiente.

Senza voler ripercorrere le complesse e faticose vicende storiche dell’ambientalismo nel nostro paese, vale la pena però ricordare il ruolo di una colta élite di intellettuali e scienziati, quelli del Club di Roma, mitica associazione per gli addetti ai lavori, fondato nel 1968 da Aurelio Peccei, cui si deve il famoso rapporto “I limiti dello sviluppo” del 1972, vero antesignano a livello internazionale del dibattito sullo sviluppo sostenibile per il pianeta.

Nonostante la creazione del Ministero dell’ambiente nel 1985, per molti, troppi, anni in Italia le questioni ambientali sono state relegate a temi di nicchia, affrontati sostanzialmente solo da una ristretta minoranza di studiosi, gruppi e associazioni ambientaliste. Purtroppo, in assenza di una responsabile presa in carico di queste delicate problematiche da parte delle principali forze politiche, distratte e disinteressate e o incapaci di riconoscerne l’importanza e il significato politico, l’ambiente era considerato residuale, ci si ricordava dell’ambiente dopo aver discusso dei temi “seri e importanti”. Insomma va detto chiaramente che anche per la sinistra l’ambiente è stato un po’la Cenerentola della situazione, un problema per pochi appassionati e addetti ai lavori, roba di cui occuparsi in qualche convegno di volenterosi. Mi verrebbe da dire: come le pari opportunità! Ma quello è un altro discorso, ancora più complicato!

Diciamo invece che oggi, alla luce dei cambiamenti climatici ormai conclamati e infine riconosciuti dalle più importanti istituzioni internazionali, ma soprattutto incalzati dalle continue emergenze e disastri ambientali, che sistematicamente affliggono il Bel Paese, con un doloroso e gravoso bilancio di ingenti danni economici e soprattutto di vite umane, il tema ambientale è diventato di forte attualità. Negli ultimi due anni anche la pandemia ci sta facendo duramente riflettere sulla relazione tra natura, ambiente, salute e attività umane. E questo è, a mio parere, è uno dei pochi positivi effetti del covid, da cui tirar fuori insegnamenti utili per il futuro.

Ma vediamo ora da vicino le modifiche degli articoli citati tanto attese e unanimemente apprezzate. Nell’articolo 9 si aggiunge che la Repubblica tutela “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Fondamentale è il richiamo alle generazioni future, in nome di quel principio di sviluppo sostenibile che rispetta le risorse limitate del pianeta per tutelare i bisogni e la vita di quelli che verranno dopo di noi. L’articolo 41 recita che l’iniziativa economica “non si può svolgere in modo da creare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana” e ora anche” alla salute e all’ambiente”. Una svolta molto significativa che pone l’Italia in linea con la maggior parte delle nazioni europee, diventando il 22esimo stato membro della Ue ad aver inserito uno o più riferimenti all’ambiente nella propria Carta costituzionale.
Le associazioni ambientaliste esultano per il nuovo indirizzo costituzionale, che dovrà produrre conseguenti adeguamenti nelle normative attuali e future.

Con la Costituzione aggiornata potremo affrontare con maggiore certezza anche normativa e più consapevolezza le grandi sfide future dello sviluppo ecocompatibile.