La Prima Pietra

Per risollevare l’Italia, Milano deve correre, e Napoli si deve fermare (sic!)

Nuovo lucido, appassionato, in fondo amaro, mai rassegnato, pezzo del coraggioso ed infaticabile Massimo Villone. Su Repubblica-Napoli del 16 aprile 2022

Leggendolo, mi è venuto in mente il bocconiano Tabellini, che, discutendo di come rilanciare lo sviluppo e di come rimettere in moto l’economia, senza vergogna sentenziava: Milano deve correre, e per far correre Milano, si deve fermare Napoli (testuale, non interpretazione).

Mi sono ricordato delle esternazioni del sindaco di Milano Sala (parlando del Pnrr: Sud, sud, sud, … dobbiamo farci valere pure noi!) e del presidente dell’Emilia-Romagna, Bonaccini (se chiedo per la scuola stanziamenti programmati e garantiti per 5 anni; se chiedo che tutti gli insegnanti siano già al loro posto fin dal 1° di settembre, evitando così ritardi e sostituzioni; voglio spaccare l’Italia? Non rendendosi conto -oppure sì?- dell’oscenità che profferiva, chiedendo cose giuste, ma pretendendole SOLO per la sua regione); ricordo i recenti bandi per asili nido che finanziavano Comuni che potevano permettersi un cofinanziamento, così che ad esempio 9 milioni chiesti da Milano, con un suo cofinanziamento di altrettanti milioni, venivano assegnati appunto a Milano (che di asili nido ne ha già tanti; certo, ne ha bisogno di altri ancora!) e non a Venafro o Altamura, senza asili nido, che richiedevano lo stesso finanziamento, non potendo cofinanziare proprio niente, però.

E ricordo di come si tenti, ultimo tentativo vigliacco, di far passare dappertutto, in ogni settore, in ogni occasione, il criterio della spesa storica, per avvantaggiare, ancora di più, chi ha già di più. In sociologia (ed economia) si chiama effetto S. Matteo: “a chi ha verrà dato e avrà in abbondanza mentre a chi non ha verrà tolto anche il poco che ha”. E di come recentemente si stia tentando di “scippare” al Sud, anche in campi come la ricerca universitaria e nazionale, attraverso i cosiddetti Prin, quel 40% stabilito (ancorché in maniera arbitraria, ché secondo i parametri della UE si stima che al Mezzogiorno spetterebbe il 65% dei finanziamenti del Next Generation EU) di cui si è fatto garante il governo. E di come sia ormai diffusa l’opinione che i LEP, che pure sarebbero un passo (piccolo) in avanti, e che comunque sono osteggiati da tanti “secessionisti”, da soli non bastano a ridurre il gap tra regioni ricche e regioni povere. Uno strumento più utile, più equo, sarebbe stabilire non tanto i livelli essenziali, ma i Livelli Uniformi delle prestazioni, in modo che davvero si ristabilisca (o si cominci a farlo) un equilibrio tra regioni ricche e regioni povere. E ricordo ancora, infine, che sarebbe da controllare l’enorme squilibrio della spesa storica calcolata dai Conti Pubblici Territoriali, che tiene conto di TUTTI gli investimenti e spese fatte da TUTTE le organizzazioni, agenzie, Istituzioni, sotto qualsiasi forma, nei vari territori (e non la sola spesa calcolata dalla Ragioneria, che tiene conto delle sole spese dello Stato), pesantemente ed ingiustamente sbilanciata a favore dei territori del Centro-Nord.

Non dice questo Villone nel suo pezzo (ma lo ha detto, e lo hanno detto in altre occasioni già in tanti), ma “si limita” a dire di come il sindaco di Bologna denunci il criptoleghismo (termine mio) del presidente dell’Emilia-Romagna; di come il PD veneto, debolmente, cominci a chiedere che il Veneto si limiti a chiedere autonomia su solo 7 materie, non su tutte e 23 le materie previste dal Titolo V della Costituzione, come invece fa Zaia presidente leghista di quella regione, mentre il PD a livello nazionale … tace. E io aggiungerei che a questo proposito non sarebbe male, anzi è indispensabile, chiarire (siccome non è ad oggi adeguatamente chiarito) che su alcune materie NON può essere consentita l’autonomia: tutela della salute e servizio sanitario nazionale; tutela e sicurezza del lavoro; scuola, università, ricerca scientifica e tecnologica; reti nazionali e interregionali di trasporto e di navigazione; porti e aeroporti civili di rilievo nazionale e interregionale; reti e ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale e interregionale dell’energia.

Ricorda infine Villone di come il ministro per il Sud e la coesione territoriale, coraggiosa a modo suo, sbandieri come risultato epocale l’introduzione di LEP in alcuni limitatissimi settori, e di come, non più tardi della settimana scorsa, ribadiva che senza i LEP non si può neanche parlare di maggiore autonomia. Ma sembra essere travolta, con il silenzio o la connivenza trasversale della gran parte delle forze politiche che appoggiano il governo, sulla strada di una corsa alla secessione, di una volontà di non dotare il Sud di motori di sviluppo che invece farebbero crescere l’intero paese, come denunciato da Giannola in una sua recentissima audizione in Parlamento.

Eppure il solo gravissimo problema energetico da risolvere, ora che si è deciso di non continuare a rifornirsi di gas dalla Russia (o comunque di limitare sempre più questa dipendenza), con gli approcci di Draghi con Algeria, e, in un futuro prossimo vicinissimo, con Angola, Mozambico, Congo, mostrano in maniera chiara ed evidente come il Mezzogiorno sia strategico nella sfida per la diversificazione di forniture e fonti di energia. Puglia, Sicilia, Sardegna, sono terminal naturali da cui far partire e proseguire verso il nord Italia gasdotti che provengano da est e da sud; i sistemi portuali di Napoli (Napoli-Castellammare-Salerno); Bari (Bari-Brindisi); Augusta-Gioia Tauro (Augusta-Catania-Gioia Tauro-Taranto); Palermo (Palermo-Porto Empedocle-Trapani), sono sistemi da potenziare e rivitalizzare, perché altrettanto strategici per l’attracco di navi merci, merci da far poi proseguire, su tratte ferroviarie ad Alta Capacità verso il nord e verso l’Europa. Ma questo lo capiscono solo economisti, studiosi, politici (pochi) onesti e lungimiranti. Speriamo che diventino sempre di più. Perché tali approcci, se si vuole salvare il Mezzogiorno e quindi il Paese, sono ormai indispensabili.

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