Qualche sera fa, Ranieri Guerra avvertiva che per vincere questa guerra (chè di guerra si tratta, da tutti i punti di vista, vittime, crisi economica, tensioni sociali), occorre la coesistenza e la coerenza strategica di scienza, politica e cittadinanza. Questa coerenza è stata sempre più debole fino a scomparire, mentre la presenza delle truppe nemiche (il virus) ha mostrato tendenza a rafforzarsi, sia per l’occupazione del territorio (i contagi, il collasso dei sistemi sanitari), sia, forse, per il miglioramento delle sue armi (la sua capacità di penetrazione e diffusione, https://www.facebook.com/giovanni.desimone.52/posts/10220364992969678).

I proclami pubblicitari su vaccini più o meno miracolosi, gli acquisti a scatola chiusa programmati dall’UE (e dal nostro Governo) e le assicurazioni sui tempi non fanno altro che rendere ancora più precaria questa coerenza strategica, che invece dovrebbe spingere tutti a considerare che la partita potrebbe essere lunga, molto lunga, e che bisognerebbe dedicare le nostre energie a capire come possiamo sostenere questo assedio senza distruggere (come stiamo facendo) il tessuto sociale che ci ha tenuto insieme.

AGGIORNAMENTO.

Al 15 Novembre, tre giorni dopo la trasformazione della Campania e Toscana in zona rossa, la situazione dell’occupazione ospedaliera nelle tre regioni che avevo preso come campione (vedi http://www.laprimapietra.eu/covid-19-ha-senso-la-divisione-in-zone/), a partire dal 1° Ottobre, è quella che si può vedere nella figura sotto.

È abbastanza evidente che la Lombardia ancora inflaziona il grafico, e che Campania e Puglia marciano con lo stesso andamento, molto differente da quello lombardo. La situazione cambia poco quando si vedono i ricoverati in Unità di Terapia Intensiva (UTI), salvo che, in questo caso, in Campania la curva sembra aver raggiunto una certa stabilizzazione a partire dal 3 Novembre, quindi 9 giorni prima del DPCM che ne ha cambiato lo stato da giallo a rosso.

E’ ben chiaro che siamo molto lontani da quello che succedeva in primavera, specie in Lombardia. La prossima figura mostra la storia dell’epidemia dal punto di vista del tasso di occupazione dei letti di UTI (desunto dai dati messi a disposizione dalla Protezione Civile).

 

Si può osservare che mentre la media mobile dei ricoverati giornalieri UTI in Lombardia è ai livelli di metà marzo, quindi ancora lontana dal picco, toccato all’inizio di aprile, quella della Campania è ora stabilizzata leggermente sopra i livelli raggiunti al picco epidemico in primavera, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. In Puglia la curva è ancora in ascesa.

Il divario tra andamento temporale dei ricoverati in reparti non intensivi e quelli in UTI, evidente in Campania, meriterebbe una riflessione cui ho già avuto modo di accennare in epoca pre-epidemica (Chi va in PS) e che riprendo più avanti.

COERENZA STRATEGICA:

 1. LA SCIENZA.

Il confronto tra i promotori di lockdown precoci e severi e gli alfieri dell’immunità di gregge prosegue senza sosta, aumentando la confusione tra le persone. Lo pseudo-dibattito purtroppo continua, anche questo viziato da chiare influenze politiche (vedi: The Infusion of Politics Into Science), malgrado l’evidenza stringente che l’attuazione (possibilmente precoce) di norme severe di distanziamento sociale, igiene delle mani, e protezione individuale, anche attraverso la limitazione delle libertà personali, è l’unica difesa realmente efficace (vedi Consensus Statement on COVID-19 Pandemics), non solo per ridurre la mortalità, ma specialmente per impedire che i servizi sanitari siano sopraffatti, con effetti catastrofici sulle altre patologie incidenti (su tutte, quelle cardiovascolari ed oncologiche), e per guadagnare il tempo necessario ad impostare sistemi di risposta alla pandemia, atti a sopprimere o minimizzare la trasmissione dell’infezione, una volta terminato il blocco.

L’idea dell’immunità di gregge spontanea nasconde una grande ignoranza non solo scientifica, ma anche storica, ed un cinismo che richiama alla memoria costumi barbari, od almeno incompatibili con l’etica corrente (vedi: The false promise of herd immunity). Kristian Andersen, immunologo dello Scripps Research Institute di University of California a La Jolla (San Diego), dice: “…arrendersi al virus non è un piano difendibile. Un tale approccio porterebbe a una catastrofica perdita di vite umane senza necessariamente accelerare il ritorno della società alla normalità. Non siamo mai stati in grado di farlo con successo prima, e porterebbe a morte e sofferenze umane inaccettabili e non necessarie”.

Sebbene i lockdown siano distruttivi, influenzando in modo sostanziale la salute mentale e fisica e danneggiando drammaticamente l’economia, in modo del tutto simile a quanto fa una guerra, questi effetti sono stati spesso peggiori nei paesi che non sono stati in grado di utilizzare il tempo durante e dopo il blocco per stabilire sistemi efficaci di controllo dell’epidemia. “In assenza di disposizioni adeguate per gestire la pandemia e il suo impatto sulla società, questi paesi hanno dovuto affrontare restrizioni continue” (vedi Consensus Statement on COVID-19 Pandemics), con conseguenze potenzialmente irreparabili sull’economia, aggiungo io. E’ esattamente il disastro italiano odierno. Tutti gli esperti veri avevano previsto la riesplosione della pandemia in autunno, ma le regioni nulla hanno fatto per organizzare sistemi di difesa adeguati, durante la tregua estiva, malgrado la disponibilità di fondi messi a disposizione dal Governo. Ma questo è successo in tutto il mondo, quindi non è detto che fosse qualcosa di arginabile. Ma almeno andava tentato, sulla base dei suggerimenti che la scienza dava.

2. LA POLITICA

L’inefficienza mostrata dalle regioni nel non approntare le difese, di fronte al previsto attacco autunnale, ha trovato il suo esito in un nuovo lockdown, semplicemente chiamato in altro modo, imposto dal Governo nazionale ed attuato a macchia di leopardo, in modo abbastanza isterico ed a volte irragionevole (come mostrano le figure sopra). Il nuovo lockdown sta precipitando l’intero paese in un baratro economico e sociale dal quale ci vorranno decenni per uscire. Mentre il primo lockdown era assolutamente inevitabile, perché l’emergenza era nuova e sconosciuta, e non c’è altro da fare di fronte ad un virus con un R0 sotto 3, incubazione non brevissima e bassa letalità, anzi, fu tardivo ed erroneamente globale per timidezza nei confronti della Lombardia (la regione peggio gestita in Italia e, probabilmente, nel mondo), questi nuovi provvedimenti potevano essere evitati se le regioni, invece di sperare nella grazia divina, avessero identificato subito gli interventi.

Cosa non è stato fatto, era stato suggerito ed è stato ignorato? Prima di tutto si doveva istituire un piano di emergenza durante l’estate per far fronte alle necessità territoriali ed al nuovo carico di lavoro costituito dal tracciamento dei contagi (ormai diventato tecnicamente impossibile dati i numeri), specialmente nelle regioni in cui la medicina territoriale è inesistente. Il Governo aveva anche stanziato un ingente fondo per l’assunzione di personale qualificato per potenziare il servizio delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA). Ma l’attivazione delle USCA prevede l’attività del medico di medicina generale e, quindi, una organizzazione di medicina di base funzionante. Praticamente un cane che si morde la coda. Dove questo servizio è devastato, come in Campania, il potenziamento è stato zero.

Le fila delle auto fuori dei pronto-soccorsi napoletani, che i media si precipitano a riprendere, non necessariamente sono fatte di persone che hanno realmente bisogno di ricovero ospedaliero, ma di tanti che potrebbero eventualmente essere seguiti a casa, ma che spesso, credo, una volta arrivati in pronto soccorso, vengono ricoverati per “prudenza” (medicina difensiva).

E non sarebbe bastato. Bisognava potenziare il servizio di trasporto pubblico e rendere reali ed efficaci i controlli sugli assembramenti, utilizzando le forze dell’ordine ed eventualmente l’esercito nelle strade, promuovendo deterrenza e rendendo certa la pena per chi non osserva le regole di distanziamento sociale e di protezione individuale (vedi: Vicini alla resa).

Infine, ma certo non meno importante, bisognava promuovere una martellante campagna di informazione capillare, a mezzo televisivo, sull’importanza delle mascherine, dell’igiene delle mani e del distanziamento, utilizzando strumenti già disponibili (vedi El Pais); ed ancora, si dovrebbero lanciare continui messaggi relativi ai confini invalicabili della cosiddetta libertà personale, quando in gioco è l’interesse collettivo.

La lacerante battaglia tra competenze regionali e Governo nazionale, resa spesso infame dal fatto che il Governo è di centro-sinistra mentre le regioni sono tutte in mano alla destra o ad avventurieri populisti (fatta eccezione per Toscana ed Emilia-Romagna), ha messo il paese in ginocchio, per sciacallesche strumentalizzazioni politiche.

E’ venuto il momento di riparare al macello costituzionale del 2001. Renzi ci aveva provato e se fosse stato meno imprudente e vanaglorioso, ci sarebbe riuscito. Ma ha anche dimostrato che è possibile.

3. LA CITTADINANZA.

Questo è il terzo elemento che ha ceduto, nell’equazione di Ranieri Guerra. Durante il lockdown di primavera, il comportamento della cittadinanza fu esemplare, salvo scarse manifestazioni di intolleranza, che però non ebbero grande spazio sui media. Ora, invece, si avverte una noncuranza tanto preoccupante quanto irritante. Che cosa è successo? La mia interpretazione è che la gente è confusa. E’ confusa dall’apparente “disaccordo tra gli esperti”, tutti presentati con pari enfasi e dignità dai media, come se l’evidenza fosse opzionabile. Molti “esperti” avevano (hanno) una chiara collocazione politica che ne ha informato il linguaggio, la forma, ad a volte il contenuto. Costoro hanno alimentato il negazionismo, spalleggiati da leader politici indecenti (Salvini) che apertamente hanno sposato il trampismo, strizzando l’occhio ai no-vax, volutamente ignorando la tragedia che si stava vivendo negli ospedali.

Nessuno è impazzito, ma si è lentamente fatta spazio l’idea che, tanto, la faccenda non riguarda me, ed anche se mi ammalo, la malattia è come un’influenza, forse anche più benigna, e quindi chissenefrega. Idee di pancia ben lontane dalla realtà del collasso che il sistema sanitario sta vivendo. Si è anche sciaguratamente alimentata una specie di conflitto tra generazioni in cui i giovani vogliono essere liberi di fare tutto quello che desiderano, ineducati a considerare i limiti della propria libertà in funzione della libertà degli altri e del benessere collettivo, e gli anziani, quelli a maggior rischio, cercano invece di limitarne la libertà per cercare di proteggersi.

La cosa poteva essere fermata prima di tutto con una comunicazione corretta affidata a specialisti invece che ad un politicante tuttofare come Arcuri, e poi forzando dall’inizio i controlli in modo severo, certo e, quindi, deterrente.

Un fallimento su tutto il fronte.

CONCLUSIONI.

Il Governo, incapace di pilotare le regioni verso una strategia unitaria, non ha trovato di meglio da fare che bloccare di nuovo le attività di un sacco di cittadini, molti dei quali sono ormai alla disperazione. I sussidi non potranno mai bastare a dare sollievo a questa gente. Se i controlli saranno adeguati, la misura avrà la sua efficacia, ma già le precedenti misure stavano mostrando efficacia (vedi la Campania). Era veramente necessaria questa stretta ulteriore?

Appena si ridurrà il controllo, l’epidemia riprenderà a galoppare e saremo punto e da capo, se non si mette mano urgentemente alla possibilità di assistere i malati nelle loro case, cosa per ora praticamente impossibile su un piano istituzionale, ma invece possibilissima sul piano clinico, e lo dico per esperienza personale.

Il Governo ha saputo affrontare in modo sufficiente la prima ondata epidemica, anche se con sfasature dovute alla sua debolezza politica che ha impedito un sufficiente controllo della potente Lombardia, ma ha fallito l’obbiettivo di forzare le regioni a prepararsi adeguatamente per l’ondata autunnale, prevedibile e prevista.

Avrebbero dovuto per tempo sospendere le autonomie regionali. Cosa che dovrebbe comunque essere perseguita, sia pure in ritardo.

 

 

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