I 21 criteri utilizzati per classificare il rischio epidemico nelle regioni sarebbero ragionevoli, ma naturalmente non dovrebbero avere tutti lo stesso peso. Sarebbe utile, almeno per chi può svolgere analisi, avere esattamente l’algoritmo utilizzato. Io non l’ho trovato. Però continuano ad essere disponibili i dati giornalieri della Protezione Civile ed io quelli analizzo, con beneficio d’inventario.

Dal mio punto di vista, non essendo chiaro quale è esattamente il rapporto tra contagiati e casi clinici di qualsivoglia gravità, il parametro rilevante su cui mi fermo è il numero dei ricoveri ospedalieri.

ANALISI DEI RICOVERI TRA IL 24 FEBBRAIO ED IL 6 NOVEMBRE

Nei prossimi paragrafi, esamino e confronto l’andamento dei ricoveri tra il 24 febbraio ed il 6 novembre in tre regioni tipo, che hanno ricevuto tre valutazioni differenti e contestato in modo molto diverso l’attribuzione della fascia di rischio. Le tre regioni sono la Lombardia, la Campania e la Puglia.

Come si vede nella figura, l’andamento degli accessi ospedalieri è molto differente tra le tre regioni nelle differenti fasi dell’epidemia.

È visivamente evidente l’impressionante differenza che esiste tra le tre diversa realtà. Ma per rendere ancora più palese quello che succede in questi giorni, è utile dare un’occhiata alle curve delle ultime 5 settimane, dal 1° ottobre al 6 novembre, la parte evidenziata in giallo nella figura sopra. Nella prossima figura, naturalmente, queste differenze appaiono amplificate, con la Campania che sembra messa peggio della Puglia, benché enormemente meglio della Lombardia.

Visivamente l’andamento delle curve suggerisce una profonda differenza tra le tre regioni nell’estensione temporale del contagio e quindi nella progressione dell’epidemia. Una procedura statistica che si chiama “best fitting modeling” ci consente di generare degli algoritmi diversi con i quali capire qual è, dal punto di vista matematico, l’andamento di queste curve. Io ho confrontato 9 differenti algoritmi e, malgrado l’impressione visiva, tutte e tre le regioni rispondono allo stesso andamento, che non è esponenziale, ma cubico, sia pure con proiezioni molto diverse come si evince dalla figura.

Con le equazioni sviluppate con questa analisi è possibile prevedere che, stante il mantenimento di questo andamento, nei prossimi 7 giorni la Lombardia aumenterà in modo molto consistente il numero dei ricoveri per COVID-19 registrati il 6 novembre (di circa 4000 unità), la Puglia e la Campania potrebbero invece stabilizzarsi sui livelli registrati il 6 Novembre.

Analogamente, i ricoveri in terapia intensiva, anche questi analizzati tenendo conto dei possibili ritardi nella registrazione dei dati e nel loro invio, mostrano andamenti di tipo non lineare come si vede nella figura sotto. L’area evidenziata in giallo rappresenta l’andamento nelle ultime 5 settimane, come fatto per le precedenti figure.

La figura successiva rappresenta, in modo magnificato, l’andamento delle ultime settimane.

Anche qui, le differenze sono evidenti, con la Lombardia che rischia seriamente di nuovo il collasso del sistema sanitario e conseguenze gravissime su tutte le altre patologie. Le lamentele di Fontana veramente non si capiscono.

Va, infine, sottolineato che, come si fede nella figura sotto (Occupazione terapie intensive), in 7 regioni si è già superato il limite di saturazione dei posti programmati per accogliere pazienti COVID-19, ed in altre 2 ci si è molto vicini.

Dal mio punto di vista di medico che ha operato ed insegnato per 40 anni nel comparto dell’urgenza, questi dovrebbero essere in assoluto i dati più importanti. L’invasione da parte di pazienti COVID-19 di altri spazi di terapia intensiva comporta la sottrazione di questi spazi ad altre patologie richiedenti interventi intensivi, in un contesto in cui, in diverse regioni i posti di intensiva erano già carenti anche in mancanza di emergenze di questo tipo. E la riduzione degli spazi va ben oltre la necessaria messa in opera di altri posti letto, perché implica anche la sottrazione di spazi adeguati a garantire il personale (per quanto si possa fare) e sanificare gli ambienti. E non parlo del personale necessario che è molto carente dovunque, grazie alla lenta operazione di dismissione del servizio pubblico, cominciata circa 25 anni fa e proseguita indipendentemente dal colore dei governi che si sono succeduti. Ma questo è un altro file.

Quindi indipendentemente dal numero di contagi (che non sono casi), io credo che in quelle 7 regioni in cui l’occupazione dei posti letto di intensiva ha superato il livello di guardia, il controllo del distanziamento sociale e dell’applicazione delle norme di protezione personale dovrebbe essere più serrato e severo, ed in prima fila metterei Valle d’Aosta, Umbria e Lombardia. Ma ovviamente ci sono tanti altri parametri che non considero.

Tutto questo, va detto, nell’assunzione che tutti i dati siano veritieri, cosa che molti mettono in dubbio: e se l’organizzazione sanitaria regionale e, specialmente, la medicina del territorio sono talmente scadenti che la gente si ammala e muore a casa? E’ una possibilità. E’ già successo in Lombardia ed in altre regioni del nord durante la cosiddetta prima ondata, perché la diffusione del contagio era andata fiori controllo. Lo confermarono i dati ISTAT sulla mortalità. Dovremo aspettare i nuovi dati comparativi dell’ISTAT sulla mortalità, regione per regione, per capire se ci sono regioni cha hanno giocato sporco.

L’EPIDEMIA NON SI FERMA CON LA CONFUSIONE.

Come largamente prevedibile e previsto, il nuovo DPCM che divide l’Italia in zone a rischio differenziato ha scatenato una nuova cinica battaglia politica, che affonda il Paese nel caos, grazie sempre alla modifica del Titolo V della Costituzione.
Le regioni in mano alla destra, ma anche quelle in mano a populisti di sinistra, accusano il Governo in modo contrastante, senza minimamente tenere in conto la gravità della situazione e la necessità di mantenere una buona coesione nazionale ed unità di intenti. Speranza ha risposto per le rime, dicendo semplicemente la verità e cioè che le decisioni, in parte suggerite dal CTS, sono state prese sulla base dei dati mandati dalle stesse regioni, anche se non è dato di sapere quanto puliti e, specialmente, veritieri siano questi dati. Sulla pulizia, va dato atto allo sforzo dell’ISS di produrre un controllo di qualità discreto, almeno a giudicare da una certa coerenza che si ritrova nei numeri resi disponibili dalla Protezione Civile, ma, ovviamente, nessuno può garantire sulla la veridicità dei dati, perché non esiste un controllo locale. Questo controllo, come ho già detto in epoca remota, avrebbe dovuto essere immediatamente organizzato all’esplosione dell’epidemia, in modo da rendere omogenei i dati per consentire studi epidemiologici rigorosi.

Lo scontro continuo, costante, che alcuni (non tutti i) Governatori (Lombardia, Veneto, Liguria, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) cercano con il Governo, e roboanti dichiarazioni di segno contrastante, hanno finito per confondere la cittadinanza, anche quella parte più responsabile che non ha mai smesso di essere abbastanza accorta. Non si possono chiedere sacrifici importanti, in termini di socializzazione specialmente, ai nostri ragazzi senza spiegare univocamente quale è la situazione vera, cosa che il Governo tenta a volte di fare, ma costantemente colpito ai fianchi dalla contestazione dei Masaniello del terzo millennio.

Il Governo continua a covare una grande colpa, che ci sta portando alla rovina, malgrado gli appelli delle teste pensanti che nel CTS ci sono, una colpa della quale dovrebbe essere chiamato a rispondere. L’articolo 120 della Costituzione recita:

La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni [cfr. art.16 c.1], né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

Perché questa norma di salvaguardia non è stata applicata, e si è lasciato che il Paese finisse nel caos, disorientando i cittadini, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti?