Una campagna mediatica martellante ha fatto lievitare le paure della gente, già alimentate dalla confusione comunicativa e dalla incertezza legata alla tanto precipitosa quanto necessaria immissione sul mercato dei vaccini anti-COVID-19. Il panico crescente nei confronti dei vaccini a vettore virale sta mettendo in crisi i già debolissimi piani vaccinali. Il 7 aprile l’EMA dichiara giustificato il timore di evento avverso grave, sulla base di 62 casi di trombosi venosa cerebrale (e 24 casi di trombosi venosa splancnica) nei 25 milioni di vaccinati (numero anch’esso incerto) nel Regno Unito con il vaccino Astra-Zeneca. A questo, ora si aggiungono i sospetti sul 4° vaccino, quello di Johnson & Johnson, la cui erogazione è stata sospesa dopo la notizia di 6 casi di trombosi su circa 7 milioni di individui vaccinati, malgrado che le stesse complicazioni, a frequenze simili si siano registrate anche per i vaccini ad RNAm (vedi A Few Covid Vaccine Recipients Developed a Rare Blood Disorder – The New York Times (nytimes.com)).

A completare il quadro negativo che ci si para davanti agli occhi, il 7 aprile New England Journal of Medicine1,2 pubblica due importanti lavori che dimostrano che nei soggetti vaccinati colpiti da questa rarissima forma di trombosi può verificarsi un’attivazione delle piastrine in modo che si sviluppino coaguli spontanei nel flusso circolatorio. Benché in nessuno studio venga dimostrato un rapporto di causalità, il fatto, noto da tempo agli addetti ai lavori, che alcuni ceppi di adenovirus possano avere un particolare tropismo per le piastrine, e ne possano aumentare l’aggregabilità (cosa di cui nessuno ha parlato finora)3, potrebbe costituire un indizio contro i vaccini Astra-Zeneca e Johnson & Johnson, e penso possa mettere sotto osservazione anche lo Sputnik V (perché basato sullo stesso principio di trasferimento genico in vettore virale). Personalmente, troverei assai strano che i ricercatori di Oxford e tutti quelli che hanno lavorato su vaccini a vettori virali non abbiano tenuto ben presente questa simpatia di alcuni adenovirus per le nostre piastrine, ma ho anche imparato che tutto è possibile nel nostro campo…

L’allarme ha ormai raggiunto livelli parossistici e sottrae lucidità a decisioni critiche, benché quello che manca al mosaico sia il tassello più importante, e cioè il confronto con il tasso di incidenza attesa di questi eventi nella popolazione generale non selezionata. In altre parole, e limitandomi ai 62 casi di trombosi venosa cerebrale (TVC) riportati dopo Astra-Zeneca, i sospetti su questo vaccino possono essere confermati solo se si esclude con certezza che questi casi di TVC non siano dovuti al caso. Nel momento in cui si dimostrasse che il numero di nuovi casi di TVC che si registrano in un certo arco di tempo, dopo la somministrazione del vaccino (quello che tecnicamente si definisce “tasso di incidenza”), eccede significativamente il numero di nuovi casi che in quello stesso arco di tempo si verificano “spontaneamente” nella popolazione generale, avremmo la prova che il vaccino PUO’ EFFETTIVAMENTE ESSERE associato allo sviluppo della patologia. Soltanto così, quindi, noi potremmo avere una dimostrazione epidemiologica della probabilità (non ancora certezza, naturalmente) di un rapporto causa/effetto.

Sulla base dei dati forniti dall’EMA il crudo tasso di incidenza di TVC nei vaccinati è di 2.5 casi per milione di persone, nell’arco di tempo in cui è stato utilizzato il vaccino (4 mesi esatti). Occorre quindi, innanzitutto, confrontare questo tasso di incidenza con l’incidenza attesa. Ma

per far questo, è assolutamente critico capire qual è il reale tasso di incidenza di TVC nella popolazione generale non selezionata.

L’incidenza di TVC in popolazione non selezionata è generalmente riconosciuta essere di 3-4 casi per milione all’anno4. Quindi, nei 4 mesi di vaccinazione, il tasso di incidenza attesa, nella peggiore delle ipotesi, sarebbe di 1.3 casi per milione, quindi quasi la metà di quelli registrati nei vaccinati. Brutto segno, apparentemente.

Ci sono però due limiti importanti a considerare questi dati come definitivi. Il primo è un fenomeno chiamato bias osservazionale, per cui il livello di attenzione nell’identificare i casi di un evento rarissimo come questo non è egualmente alto nei casi cercati ed in quelli registrati routinariamente nella pratica quotidiana, anche perché, e questo è il secondo limite, una malattia di questa rarità può facilmente sfuggire alla diagnosi durante l’osservazione clinica quotidiana. Su questa base, un gruppo di ricercatori di Adelaide, Australia, nel 2016 ha identificato in maniera rigorosissima (utilizzando anche tecniche di imaging cerebrale) tutti i casi di TVC nei 953.390 adulti ricoverati negli ospedali di Adelaide nel periodo compreso tra il 2005 ed il 20115. I casi di TVC accertati senza dubbi furono 105, dopo esclusione di 63 casi dubbi. Il tasso di incidenza calcolato su questi numeri, e riportato dal lavoro, è di 15.7 casi di TVC per milione di persone per anno, che corrisponderebbe ad un tasso di incidenza attesa di 5.2 casi per milione in 4 mesi, il periodo di tempo di utilizzo del vaccino Astra Zeneca, più del doppio dell’incidenza osservata di casi di TVC dopo la vaccinazione, nel periodo considerato (ricordo, 2.5 casi per milione di persone). Questi risultati seguono un’analisi anche più estesa, condotta su una popolazione di oltre 3 milioni di adulti, in Olanda6, che aveva già riportato un tasso di incidenza di TVC di 13.2 casi per milione per anno, ben più alto anche in questo caso dell’incidenza comunemente accettata. Va detto, a scanso di equivoci, che questi studi che ridefiniscono il tasso di incidenza di TVC sono anch’essi viziati da un potenziale bias di selezione, perché i campioni di popolazioni studiata, per quanto non selezionati, sono comunque ricoveri ospedalieri e non estratti da popolazione generale non selezionata. La tabella riassume questi numeri.

Sulla base di questi nuovi dati epidemiologici, un gruppo di ricercatori Camerunensi in collaborazione con la Scuola di Sanità Pubblica dell’Università XI di Parigi ha lanciato un protocollo mondiale con l’ambizione di raccogliere una documentazione molto più vasta di quelle attualmente esistenti7. Questo studio è in corso.

A voler essere prudenti, dunque, noi possiamo oggi solo concludere di avere evidenza che, nelle persone vaccinate con Astra-Zeneca, il tasso di incidenza di TVC è di 2.5 casi per milione di persone nei 4 mesi di somministrazione della vaccinazione, a fronte di un tasso di incidenza atteso che si muove in una forbice tra 1.3 e 5.2 casi per milione in 4 mesi.

Io non so se i vaccini di Astra-Zeneca o Johnson&Johnson siano o meno pericolosi, ma, per ora, questi sono i numeri che abbiamo sotto gli occhi.

A meno che io non abbia commesso grossolani errori, sempre possibili, c’è da chiedersi come è possibile che né Il WHO, né l’EMA nè l’AIFA, né il nostro Istituto Superiore di Sanità abbiano sviluppato una elementare analisi di confronto, o, se lo hanno fatto perché non lo hanno comunicato. Io non posso che sollevare tre ipotesi:

  1. In realtà gli esperti degli organismi di controllo hanno immediatamente verificato che i conti potevano non tornare e ne hanno correttamente informato le autorità, invece dei quotidiani, come invece avevano fatto i colleghi del Paul Erlich Institut. Se le cose fossero andate così, sarebbero i nostri rappresentanti nelle istituzioni ad aver scelto di seguire l’onda emotiva in modo difensivo, invece di assumersi la responsabilità di affermare con forza, che allo stato attuale delle conoscenze i numeri parlano chiaro, come sembra nell’analisi elementare che ho riportato.
  2. Travolti dall’eco mediatico sollevato dalle comunicazioni dei ricercatori del Paul Erlich Institut, gli esperti dell’EMA e di conseguenza quelli dell’AIFA sono stati più attenti a pararsi le terga, piuttosto che ad approfondire la cosa immediatamente. Se questo fosse il caso, dovremmo dedurre che questi “esperti” si comportano più da politici che da scienziati, e la cosa non può non destare qualche preoccupazione.
  3. Gli esperti degli organismi di controllo, tutti, non hanno approfondito la questione del tasso di incidenza, non ci hanno pensato, ed hanno preso per oro colato l’allarme sollevato dai colleghi tedeschi. Anche in questo caso, se le cose stessero così, ci sarebbe da chiedersi come è possibile che nessuno degli esperti degli organi di controllo abbia pensato di cercare di capire quale potrebbe essere il reale tasso di incidenza di questa rara patologia.

Verrebbe da dire quartus non datur, ma magari ci sono altre possibilità alle quali non ho pensato.

Bibliografia essenziale

  1. Greinacher A, Thiele T, Warkentin TE, Weisser K, Kyrle PA, Eichinger S. Thrombotic Thrombocytopenia after ChAdOx1 nCov-19 Vaccination. N Engl J Med 2021;DOI: 10.1056/NEJMoa2104840.
  2. Schultz NH, Sorvoll IH, Michelsen AE, et al. Thrombosis and Thrombocytopenia after ChAdOx1 nCoV-19 Vaccination. N Engl J Med 2021;10.1056/NEJMoa2104882.
  3. Stone D, Liu Y, Shayakhmetov D, Li ZY, Ni S, Lieber A. Adenovirus-platelet interaction in blood causes virus sequestration to the reticuloendothelial system of the liver. J Virol 2007;81:4866-71.
  4. Stam J. Thrombosis of the cerebral veins and sinuses. N Engl J Med 2005;352:1791-8.
  5. Devasagayam S, Wyatt B, Leyden J, Kleinig T. Cerebral Venous Sinus Thrombosis Incidence Is Higher Than Previously Thought: A Retrospective Population-Based Study. Stroke 2016;47:2180-2.
  6. Coutinho JM, Zuurbier SM, Aramideh M, Stam J. The incidence of cerebral venous thrombosis: a cross-sectional study. Stroke 2012;43:3375-7.
  7. Danwang C, Mazou TN, Tochie JN, Tankeu R, Bigna JJ. Global epidemiology and patterns of cerebral venous thrombosis: a systematic review and meta-analysis protocol. BMJ Open 2018;8:e019939.

 

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