Ancora su iniziativa de “La paranza delle idee” – battagliera associazione di giovani oplontini interessati a rinnovare la cultura e la politica cittadina – è ritornata a Torre Annunziata, a distanza di due mesi dalla precedente e cioè lo scorso 18 novembre, la discussione pubblica sul regionalismo differenziato.

Medesima la sede, l’aula magna del Liceo Artistico “Giorgio De Chirico”, identica la formula, ossia un confronto tra tecnici e politici (in parte mancato solo perché l’influenza di stagione ha impedito all’ultimo momento la presenza dei sindaci di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno e di Torre Annunziata, Vincenzo Ascione, peraltro sostituto dall’assessora al bilancio della sua giunta), confermata altresì la moderatrice della discussione, ossia la giornalista Roberta Miele.

È così tornato Marco Esposito, già presente nel seminario d’esordio pubblico della compagine sullo stesso argomento ed autore del fortunato Zero al Sud, di cui era prevista la presentazione, affiancato stavolta da Corrado Cuccurullo, docente dell’Università “Vanvitelli” e presidente della So. Re. Sa, società regionale per la gestione ottimale del debito sanitario, come suggerisce l’acronimo. L’introduzione è stata del presidente dell’associazione Claudio Bergamasco, il quale ha richiamato l’attenzione sul fatto che è necessario altresì un riequilibrio tra aree metropolitane e zone interne anche nelle regioni più ricche del Paese, in sostanza una declinazione cooperativa e solidale della gestione delle autonomie territoriali, dovunque e non solo al Sud, che pertanto – intestandosi questa “battaglia” – rende un servizio all’Italia intera.

Il tema polemico di fondo del libro – le distorsioni della spesa storica per i servizi pubblici, che penalizzano il Meridione perché vengono finanziati solo quelli che già ci sono e nella (scarsa) misura in cui vengono erogati, col risultato che si cristallizzano dunque le storiche  mancanze sul territorio e la disuguaglianza coi più e la truffa del “residuo fiscale”, invocato dalle regioni “referendarie” della Lombardia e del Veneto e da quella, più moderata nella forma, dell’Emilia-Romagna per trattenere sul loro territorio quanto più possibile del reddito ivi prodotto – è rimasto presente nel dibattito, ma un poco sullo sfondo.

La discussione nazionale sul punto registra infatti qualche passo avanti, come la presentazione – da parte del ministro per le autonomie territoriali Boccia – della bozza per la legge-quadro di procedimento in ordine all’attuazione dell’art. 116, III comma della Costituzione, peraltro criticata anche a Torre perché pospone la pur necessaria (e logicamente preliminare alle intese tra Stato e Regioni) individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni alla loro stipulazione, affidando perdipiù tale adempimento non alla discussione parlamentare e a un dibattito politico che lo indirizzi, ma a un commissario nominato dal Governo.

Alcuni temi, anche tecnici, sono ormai al centro di un’attenzione dell’opinione pubblica in precedenza distratta, come ad esempio la dotazione sperequata sul territorio nazionale di asili nido (leit motiv fra gli altri del meritorio pamphlet di Esposito) o questioni simili, per merito del libro e di trasmissioni televisive, come una recente puntata di Report.

Di asili e nidi si prevede così finalmente anche al Sud un finanziamento adeguato, anche se – il diavolo si nasconde sempre nei particolari  – a volte mancano qui proprio le sedi per allocarli; analogamente deve dirsi per il finanziamento integrale di funzioni e servizi pubblici degli enti locali, imposto dall’art. 119 della Carta Costituzionale, dei quali si prevede nella legge di stabilità di innalzare l’attuale quota di circa il 50% nella misura del percentuale del 5% all’anno, in modo da giungere in un decennio all’obbiettivo, ma certo occorre vigilare per battere tendenze egoistiche e quindi scippi che potrebbero in futuro ancora perpetrarsi.

Il professore Cuccurullo ha insistito su un profilo delicato del regionalismo differenziato, ossia quello della spesa sanitaria: la Campania sta finalmente uscendo da un lungo commissariamento nel settore, ma ad esempio pesa ancora su di essa un “turismo della cura” che porta molti pazienti verso le strutture del Settentrione, spesso senza reale necessità e sbagliando a non fidarsi delle competenze professionali qui disponibili.

Non è infine nemmeno mancata una critica vibrante a un’utilizzazione pulviscolare e su base di clientele dei fondi europei di coesione, mentre altri Paesi li hanno concentrati (si è fatto l’esempio della Spagna e del rinnovamento della sua rete ferroviaria) su progetti specifici, sicché – per dirne solo una – abbiamo trascurato di puntare sul rinnovamento delle strutture portuali collocate nel fronte del Mediterraneo, perdendo così al Sud l’occasione di intercettare i traffici commerciali dalla e per la Cina e lasciando che fosse dunque Trieste (e non ad esempio Gioia Tauro, che sarebbe stata molto idonea) a diventare centro strategico per lo sviluppo marittimo lungo la “via della seta”.

L’attenzione critica a quanto finora proposto e la vigilanza per evitare ulteriori danni al Mezzogiorno d’Italia ed anzi rilanciarne lo sviluppo – si è concluso – vanno dunque mantenute alte.