“Io voglio parlarvi dei vostri doveri. Voglio parlarvi, come il core mi detta, delle cose più sante che noi conosciamo, di Dio, dell’Umanità, della Patria, della Famiglia.”
– Giuseppe Mazzini, ‘Doveri dell’uomo’

È impossibile separare Mazzini dal concetto di Patria e dalla patria italiana: a essa, alla sua realizzazione, alla sua unità, ha dedicato tutta la vita. E se il Regno d’Italia non corrispose alle sue aspirazioni democratiche e repubblicane, fatto che apparentemente ne ha segnato la sconfitta storica e politica, nondimeno i semi da lui piantati hanno significato moltissimo per la storia italiana ed europea, per il socialismo e per i movimenti politici di sinistra. Anche se desiderava un’Italia diversa, se sperava che tutti i cittadini italiani spontaneamente insorgessero contro sovrani e stranieri che li opprimevano e autodeterminandosi si unissero come fratelli, a buon diritto Mazzini viene oggi definito padre della patria e del Risorgimento che l’ha generata.

L’incipit del primo capitolo dei “Doveri dell’uomo” va dritto al punto e lega insieme, in sfere concentriche, dalla più grande alla più piccola, le cose ‘più ‘sante’ nell’ottica mazziniana. Il riferimento a tre di esse, ossia Dio, patria e famiglia, può atterrire e trarre in inganno, perché insieme compongono uno degli slogan più famosi della dittatura mussoliniana. È noto infatti che questa ‘parte’ di Mazzini sia stata utilizzata in forma deviata, degradata e sostanzialmente falsificata come fondamento della dottrina fascista e del nazionalismo italiano. Non è quindi casuale, e non desta stupore, che l’Umanità sia stata scartata dai fascisti e da questa lettura assolutamente parziale di Mazzini e dei suoi Doveri.

Patria e Umanità infatti non sono scindibili. Anzi, è giusto dire che il primo concetto è subordinato al secondo: per Mazzini i primi doveri degli uomini, per importanza, e anche perché sarebbe altrimenti impossibile compiere gli altri, sono verso l’Umanità. “Siete cittadini, avete una Patria”, scrive Mazzini, “per potere facilmente, in una sfera limitata, col concorso di gente già stretta a voi per lingua, per tendenze, per abitudini, operare a benefizio degli uomini quanti sono e saranno, ciò che mal potreste operare perduti, voi soli e deboli, nell’ immenso numero dei vostri simili”. Mazzini è chiarissimo su questo: chi insegna solo i doveri verso la propria famiglia o la propria patria, insegna l’egoismo e conduce al male. Patria e Famiglia sono inequivocabilmente contenuti all’interno di qualcosa di più ampio, “come due gradini d’una scala senza i quali non potreste salire più alto, ma sui quali non v’è permesso arrestarvi”.

Cooperazione fraterna verso il benessere dell’Umanità. Le patrie, nel disegno mazziniano, sono tasselli fondamentali di questo percorso. Fondate dal popolo e sul voto libero, uniscono fratelli e sorelle e tra esse va realizzata l’armonia. A quel punto “il lavoro dell’Umanità verso il miglioramento comune, verso la scoperta e l’applicazione della propria legge di vita, ripartito a seconda delle capacità locali e associato, potrà compiersi per via di sviluppo progressivo, pacifico: allora, ciascuno di voi […] potrà sperare di giovare con l’opera propria a tutta quanta l’Umanità.”

Patriottismo e Nazionalismo, è evidente, sono diversi come il giorno e la notte: il primo è amore per la terra dei propri padri, per la propria nazione e per i propri concittadini; Il secondo, in particolar modo nelle forme estreme primonovecentesche, è esaltazione assoluta della propria nazione ed espressione di volontà di potenza e di dominio sulle altre nazioni, giudicate inferiori.

Nell’anima mazziniana non c’è alcuno spazio per il nazionalismo. Come si spiegherebbe altrimenti la sua lotta per la libertà degli altri popoli europei? Come si spiegherebbe la Giovine Europa, associazione internazionale da lui fondata col chiaro obiettivo di promuovere l’emancipazione degli oppressi di tutto il continente?

Essere patrioti, amare e rispettare la propria patria, è un atto dovuto, e questo non comporta odiare o prevaricare gli altri paesi. L’Italia è nata grazia al sacrificio di tanti uomini e tante donne, che hanno dato tutto quello che avevano per garantire un futuro diverso ai propri con-cittadini e com-patrioti. E grandi patrioti sono stati i partigiani, che con la loro lotta e la loro Resistenza hanno cacciato dal nostro suolo l’invasore tedesco e sconfitto definitivamente i fascisti. E non è certo un caso se sul retro della tessera ANPI sia possibile barrare “patriota” oltre che “antifascista”.

La patria italiana esiste da secoli. Certamente la particolare conformazione geografica ha avuto il suo peso – “il mare la ricinge quasi d’abbraccio amoroso ovunque l’Alpi non la ricingono”, diceva ancora Mazzini – così come la consapevolezza storica del ruolo ricoperto in età romana, ma non sono questi i punti cruciali. La base culturale che è il primo e più importante fondamento dell’Italia si è saldata e corroborata per centinaia di anni, sotto la spinta delle arti che hanno magnificato la penisola per l’eternità: letteratura, pittura, scultura, musica, architettura, teatro, più recentemente il cinema. Dante e Petrarca nel Trecento lamentavano in straordinari versi le condizioni e la frammentazione dell’Italia, e non lo avrebbero certo fatto se non avessero ‘percepito l’italianità’, se non avessero cioè avvertito un possibile sentimento nazionale e patriottico.

È per questo che suona incredibilmente ridicolo ritenere non italiano Leonardo da Vinci, come nel 2019 hanno maldestramente suggerito alcuni politici ed economisti nostrani nel vano, inutile e strumentale tentativo di negare l’esistenza di una patria italiana. Un grande errore storico, culturale e politico.

E il timore della parola patria a causa della degenerazione fascista è parimenti privo di senso: può un italiano odiare l’Italia a causa di Mussolini?

In ogni caso la strada è ancora molto lunga. Educarci ed educare, perfezionarci e perfezionare, per riprendere un altro cardine di Mazzini. È forte la sensazione che manchi un vero sentimento di fratellanza per tutti gli italiani, che non esista una comunità nazionale in senso pieno, se non forse in occasione delle grandi manifestazioni sportive, quando il tifo per i colori azzurri riesce finalmente a unirci tutti. È innegabile la certezza che persistano, dopo tutti questi anni e forse più che mai, profonde differenze tra le diverse parti del paese. Il rimedio non è certo la repressione delle forme e dei contenuti culturali e linguistici locali, che vanno anzi conservati e tutelati, bensì la valorizzazione di ciò che ci rende italiani. E l’affermazione dell’uguaglianza sostanziale di chi vive sul suolo italiano, in ogni sua parte, da nord a sud.

Nella riflessione e nell’azione mazziniane comunque gli errori e le sottovalutazioni non sono mancati: basti pensare alla questione contadina, che a Mazzini sfuggiva e che invece con grande lucidità fu colta dal povero Pisacane. O alle tante tragiche imprese di cui fu diretto o indiretto protagonista. Né si può ritenere che parti di questa riflessione non siano state superate dai tempi. Allo stesso modo però non si può ritenere il contrario, cioè che nulla del pensiero del ligure sia attuale. È sufficiente, per averne prova, guardare il presente e osservare quanto individualismo permei il nostro mondo e di quanta fraternità avremmo bisogno: la stessa fraternità che nelle speranze di Mazzini un giorno abbraccerà tutti gli esseri umani, tutta l’Umanità.

“Oh miei fratelli! Amate la patria!”
“Ciascuno di voi impari a far sì che in lui sia rispettata ed amata la Patria”

 

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